Nel nome di Andrea
Tutto merito di Andrea e della sua generosità. Da lui è nata l’idea di fondare l’associazione “Un cavallo per amico”. Ancora prima, grazie a lui, è nata la passione per il mondo dei cavalli e la consapevolezza di quanto queste creature possano essere d’aiuto per ragazzi con handicap fisici e intellettivi. Concetrazione, postura, equilibrio, coordinamento: sono tanti i benefici che rieducazione equestre e ippoterapia possono apportare, soprattutto se praticate con continuità. Di fronte ai miglioramenti di Andrea e al suo desiderio di offrire questa opportunità ad altri, Flavio non ha potuto che impegnarsi. Perché anche altri ragazzi, una volta concluso il percorso nei centri di ippoterapia, potessero continuare a godere dei benefici della pratica equestre anche se non avevano la fortuna di possedere un cavallo o l’attenzione di un padre che li seguisse nella riabilitazione. “Un solo momento di esitazione - confessa Flavio - per chiedere ad Andrea se era consapevole che questo avrebbe significato non avermi tutto per lui”. Dopo il suo assenso, nel 1999, è nata l’associazione e l’idea di un’attività con i cavalli da concepire non come una terapia a termine, ma come un vero sport ricreativo e dilettantistico da continuare nel tempo. Tutti i corsi in federazione per seguire Andrea nella riabilitazione oggi sono così divenuti una occasione per tanti altri ragazzi, che frequentano il centro ippico di Villasanta. Qui Flavio li accoglie tutti i giorni della settimana con i suoi lunghi baffi, la corporatura muscolosa e i modi di chi ha alle spalle tante esperienze. Quando inizia l’attività però in lui si percepisce solo dolcezza e dedizione paziente per i ragazzi. Il lavoro a terra: la pulizia e la cura del cavallo, poi l’ingresso in campo e i primi esercizi. Segue la monta e una serie di giochi, con birilli, tazze e bandiere, che stimolano la psicomotricità, la concentrazione, l’equilibrio.
Anche l’attività di addestramento al dressage è molto utile perché, oltre a lavorare sulla guida e il portamento del cavallo, focalizza l’attenzione sull’orientamento e il senso dello spazio. Fra una lezione e l’altra, nella sabbia del campo coperto del maneggio, racconta alcuni percorsi, «lenti, faticosi, ma importanti anche quando si tratta di quei casi difficili, che in altri centri non vengono accettati». «C’è chi ha anche paura di avvicinarsi al cavallo - spiega - ma alla fine supera questo blocco e riesce a montare tranquillamente, godendo di tutti i miglioramenti dell’attività. Queste sono grandi soddisfazioni». La commozione spegne per un istante la voce. «Ogni giorno è un’esperienza toccante. E la crescita è per entrambi: sono loro che donano, non siamo noi volontari a dare - spiega, vincendo l’emozione - .Sono loro che insegnano. Vivere l’handicap, con tutti i problemi e le difficoltà che comporta, ti aiuta a essere un uomo migliore. Oggi appena si ha una difficoltà si va a fondo, ma se hai la fortuna di vivere e maturare questa esperienza, ti fai le spalle per affrontare tutto, prendere la vita con serietà e cercare di superare tutti gli eventi che possono capitare». Un filo rosso che lega tanti momenti della vita di Flavio. Fin da quando a 19 anni ha deciso di entrare nei vigili del fuoco: «Per occupare in modo utile il mio tempo, donando qualcosa al prossimo. Poi ho proseguito, come volontario, fino al 1988. Tutto questo mi ha plasmato. Mi ha aperto la mente, ma anche il cuore”. Incidente dopo incidente, in Irpinia a ricostruire quanto il terremoto aveva distrutto e poi in un’altra associazione di riabilitazione equestre e, infine, nel costante appuntamento con la donazione del sangue. Una vita di servizio, in cui non sono mancati momenti difficili e logoranti, di stanchezza emotiva, oppure di difficoltà nel confronto con una burocrazia poco umana e con istituzioni asettiche e lontane. Tanti i momenti di dubbio sul percorso intrapreso, soprattutto di fronte alla chiusura di tante persone non rispettose del lavoro e della fatica dei volontari. Della medaglia d’oro per il volontariato e gli altri riconoscimenti Flavio parla quasi con ritrosia. Impallidiscono e perdono valore, quando guarda uno dei “suoi” ragazzi in sella: «L’unica motivazione che ci dà spirito sono loro. Il sorriso e la felicità di questi ragazzi, i miglioramenti di cui godono. Aiutare chi ha bisogno e la consapevolezza di essere stati utili sono la soddisfazione più grande». Cosa significa essere volontario oggi? «Avere ricevuto tanto e poter dare tanto ancora agli altri», chiude Flavio. Fra le macerie del terremoto, con un batuffolo di cotone sul braccio, stringendo la mano di chi è in difficoltà o in un maneggio coperto, fra bandierine e ostacoli da saltare a cavallo.
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